Il quotidiano salvadoregno, Diario CoLatino, ha pubblicato una inchiesta su quel capitolo oscuro, dando finalmente un volto all’uomo che nel 1980 sparò contro quel vescovo coraggioso che non aveva paura di denunciare i crimini e sfidare apertamente la giunta militare.
L’assassino che lo uccise faceva parte della scomparsa Guardia Nazionale. Il suo nome è Marino Samayoa Acosta, è nato l’8 ottobre 1949.
Il quotidiano spiega che il killer era membro del corpo di sicurezza del Presidente della Repubblica, il colonnello Arturo Armando Molina, e che sarebbe stato ‘assoldato’ direttamente dal figlio del Presidente, Mario Molina. La rivelazione ha subito fatto il giro del mondo.
Diario CoLatino afferma che pubblicherà prossimamente altre informazioni provenienti da “ambienti vicini al maggiore dell’Esercito
Roberto D’Aubuisson”, che da sempre e da più fonti, dentro e fuori il Paese centroamericano, è indicato come il mandante dell’omicidio.
Il vescovo fu crivellato di colpi all’altare, mentre stava celebrando la messa nella cappella di un ospedale della capitale. Amado Antonio Garay Reyes, l’uomo che guidava l’auto che portò il killer sul luogo del crimine, ha confermato la storia, spiegando che entrambi
provenivano dalla residenza dell’imprenditore Roberto Daglio dove si ultimarono i preparativi finali del crimine.
Il quotidiano salvadoregno che da oltre 25 anni si occupa della vicenda, ha sottolineato che in questo modo verrebbero confermate le dichiarazioni rese ai giudici nel 2006 dagli altri due militari che presero parte nell’operazione: Alvaro Rafael Saravia ed Eduardo Avila Avila (ucciso in circostanze non ancora chiarite).
Se la giustizia terrena va avanti, allo stesso modo procede anche la causa di beatificazione aperta nel 1997 in Vaticano. Il postulatore della causa, monsignor Vincenzo Paglia ha affermato di recente che l’iter avanza senza problemi di sorta anche se occorrono i tempi tecnici per poter riconoscere il martirio di monsignor Romero.
Sulla vita di questo coraggioso prelato gravava, infatti, un’ombra: la sua presunta vicinanza alla Teologia della Liberazione, corrente teologica considerata dalla Chiesa profondamente sbagliata e per questo messa al bando agli inizi degli anni Ottanta. «Romero non era un vescovo rivoluzionario, ma un uomo della Chiesa, del Vangelo e quindi dei poveri» ha chiarito monsignor Paglia, aggiungendo che semmai fu vittima della «polarizzazione politica che non lasciava spazio alla sua carità e pastoralità». Romero avversava con coraggio sia la violenza espressa dal governo militare, sia quella della guerriglia.
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