La sindrome dell’intestino irritabile, [IBS – Inflammatory bowel syndrome – ] una volta definita come “ colite spastica” o “ colon irritabile” è una condizione molto comune e debilitante, che interessa circa il 20% della popolazione, soprattutto di sesso femminile e con un tasso più alto di prevalenza dai 20 ai 50 anni.
Si presenta tipicamente con un fastidio o dolore addominale, che migliora dopo l’evacuazione; l’intestino può essere stitico, diarroico oppure di tipo misto, ossia con alternanza fra stipsi e diarrea.
Spesso i pazienti sperimentano una riduzione della qualità della vita, e circa il 60% di essi lamenta anche debolezza ed affaticamento.
L’andamento è cronico con carattere fluttuante con riacutizzazioni dei sintomi spesso correlabili a eventi stressanti, sia di tipo fisico (es. interventi chirurgici, infezioni virali o batteriche), che di tipo psichico (es. stress, separazioni, lutti). La prevalenza nelle donne è doppia rispetto agli uomini.
Le persone affette da IBS spesso lamentano altri sintomi come emicrania, ansia, depressione, fibromialgia, fatica cronica, cistite e problemi nella sfera sessuale.
I sintomi tipici sono definiti da criteri diagnostici internazionali (criteri di Roma). Il dolore o fastidio addominale (insorto almeno sei mesi prima della diagnosi) deve essere presente per almeno 3 giorni al mese negli ultimi 3 mesi, in associazione a 2 o più dei seguenti sintomi:
- Migliora dopo l’evacuazione
- Inizialmente è associato con modificazioni della frequenza delle evacuazioni
- Inizialmente è associato con modificazioni dell’aspetto delle feci
Altri sintomi possono essere:
- Anomala frequenza di evacuazioni (maggiore di 3 al giorno o meno di 3 alla settimana)
- Alterata consistenza delle feci
- Evacuazione difficoltosa (spinta eccessiva, sensazione di urgenza e di evacuazione incompleta)
- Passaggio di muco
- Gonfiore o distensione addominale, talvolta alternati
La diagnosi è di “esclusione“, dal momento che i sintomi sono presenti ma non ci sono malattie organiche specifiche che li giustifichino.
Se sono invece presenti anche sintomi definiti “di allarme”, [ insorgenza dopo i 50 anni; dimagramento inspiegabile, anemia, febbre, presenza di sangue con le feci; dolore che non migliora dopo l’evacuazione ] è necessario sottoporsi a indagini più approfondite (ad esempio la colonscopia; TAC; Entero RNM; Breath test al lattosio, diagnostica per celiachia )
La strategia terapeutica per la sindrome dell’intestino irritabile si basa principalmente sul trattamento dei sintomi riferiti dal paziente, essendo spesso sconosciuta la causa scatenante.
L’approccio iniziale si basa su: EDUCAZIONE ALIMENTARE, [ consigliabile la riduzione di alimenti che fermentano come le bevande gassate, l’insalata a foglia larga (es. lattuga), gli ortaggi (es. cavolfiore, piselli, broccoli), i legumi (es. fagioli, ceci, lenticchie) e la frutta dopo i pasti (è preferibile consumarla lontano).] idratazione, attività fisica.
Nella variante stipsi si possono suggerire integratori, lassativi o procinetici; nella variante diarroica utili i probiotici , antibiotici non assorbili ( Rifaximina), anti-infiammatori intestinali ( mesalazina). Gli antidiarroici, come Loperamide devono essere utilizzati con cautela.
I Farmaci antispastici possono essere utilizzati per alleviare i dolori e gli spasmi intestinali; esercitano anche azione anti-gonfiore ma, se assunti ad alto dosaggio, possono peggiorare la stipsi.
Sei i sintomi si accompagnano ad uno stato ansioso, possono essere utili farmaci a base di benzodiazepine con o senza associazione di un antispastico, avendo le un effetto rilassante la muscolatura intestinale
Sebbene l’interesse delle comunità scientifiche e laiche per l’IBS sia aumentato notevolmente negli ultimi anni, i meccanismi alla base dei disturbi addominali rimangono in gran parte sconosciuti
Ultimamente alcuni ricercatori hanno identificato il meccanismo biologico che spiega perché alcune persone provano dolore addominale quando mangiano certi cibi. La scoperta apre la strada a un trattamento più efficace per la sindrome dell’intestino irritabile e per altre intolleranze alimentari. Lo studio, condotto su topi ed esseri umani, è stato pubblicato su Nature. [ Aguilera-Lizarraga La risposta immunitaria locale agli antigeni alimentari guida il dolore addominale indotto dal pasto ]
Questi studi clinici e di laboratorio hanno rivelato un meccanismo che collega alcuni alimenti con l’attivazione di cellule (chiamate mastociti) che rilasciano istamina, e il conseguente dolore e disagio. Un lavoro precedente aveva dimostrato che il blocco dell’istamina, una componente importante del sistema immunitario, migliora la condizione delle persone con Ibs.
In un intestino sano, il sistema immunitario non reagisce agli alimenti, quindi il primo passo è stato quello di scoprire cosa potrebbe causare la rottura di questa tolleranza. Poiché le persone con Ibs spesso riferiscono che i loro sintomi sono iniziati dopo un’infezione gastrointestinale, i ricercatori hanno ipotizzato che un’infezione mentre un particolare cibo è presente nell’intestino potrebbe sensibilizzare il sistema immunitario verso quel cibo.
Gli esperti hanno quindi infettato i topi con un virus intestinale, e allo stesso tempo li hanno nutriti con l’ovalbumina, una proteina che si trova nell’albume dell’uovo e che è comunemente usata negli esperimenti come antigene alimentare modello. Una volta eliminata l’infezione, ai topi è stata data di nuovo l’ovalbumina, per vedere se il loro sistema immunitario si era sensibilizzato ad essa. I risultati sono stati affermativi: l’ovalbumina da sola ha provocato l’attivazione dei mastociti, il rilascio di istamina e l’intolleranza digestiva con aumento del dolore addominale. Questo non succedeva nei topi che non erano stati infettati dal virus e avevano ricevuto l’ovoalbumina.
I ricercatori sono passati all’uomo e hanno analizzato se le persone con Ibs reagissero allo stesso modo. Quando gli antigeni alimentari associati con il colon irritabile (glutine, grano, soia e latte di mucca) sono stati iniettati nella parete intestinale di 12 pazienti Ibs hanno prodotto reazioni immunitarie localizzate simili a quelle osservate nei topi. Nessuna reazione è invece stata registrata nei volontari sani.
Il numero relativamente piccolo di persone coinvolte fa sì che questa scoperta abbia bisogno di ulteriori conferme, ma appare significativa se considerata insieme a un precedente studio clinico che mostra un miglioramento durante il trattamento di pazienti con Ibs con antistaminici poiché conferma che il meccanismo ha rilevanza clinica.
In ogni caso, secondo gli autori del lavoro, conoscere il meccanismo che porta all’attivazione dei mastociti è cruciale e porterà a nuove terapie per questi pazienti.
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