E’ terribilmente difficile sradicare certezze non vere in chi non è disponibile alla novità, in chi – facendosi scudo della “ cultura” e della “tradizione” – rimane cieco alla novità della Risurrezione.
Mai puntare il dito però. E’ necessario annunciare con delicatezza e rispetto la novità; non con parole, ma con l’estrema eloquenza di un silenzio che parla attraverso una vita che “ si dimentica “ per “ farsi dono”.
Forse le “ forme istituzionalizzate “ di aggregazioni del popolo di Dio, come le parrocchie, divenute – come ci ha detto Mons. Bettazzi – distributrici di sacramenti “ a pagamento” , disperdono,dividono, disorientano e, “ forse “, scandalizzano, soprattutto quando vivono “ in competizione “ l’una con l’altra; o ancor peggio quando più che essere sacramento di amore, sono segno terribile di pettegolezzo, rivalità, etc…
E necessario che sorgano comunità autentiche che vivano nella condivisione piena, nella gioia vera, nella misericordia e soprattutto nella delicatezza verso chi ancora è prigioniero del “ vecchio”.
E dai “ lontani “ viene fuori l’stanza di un ritorno alla radicalità evangelica : “ Erano assidui nell’ascoltare l’insegnamento degli apostoli e nell’unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere. Un senso di timore era in tutti e prodigi e segni avvenivano per opera degli apostoli. Tutti coloro che erano diventati credenti stavano insieme e tenevano ogni cosa in comune; chi aveva proprietà e sostanze le vendeva e ne faceva parte a tutti, secondo il bisogno di ciascuno. Ogni giorno tutti insieme frequentavano il tempio e spezzavano il pane a casa prendendo i pasti con letizia e semplicità di cuore, lodando Dio e godendo la simpatia di tutto il popolo. Intanto il Signore ogni giorno aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati.” ( At 2,42+)
Facciamo posto allo Spirito che, come dice Enzo Bianchi nel suo libro “ Pregare la parola”, citando un monaco del monte Athos, è come una colomba, che tanto più si avvicina a noi quanto più noi siamo quieti, fermi, docili ad attenderla.
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