Cercherò di leggere “altrimenti” con voi il sinodo sull’Amazzonia appena concluso, un sinodo “dell’altro mondo“, che ha collocato al cuore della chiesa cattolica una periferia a noi lontana e poco conosciuta.
La prospettiva data a questa assemblea di ascolto, confronto e anche scontro riguarda i cammini che la chiesa e l’umanità devono compiere per un’ecologia integrale. Un tema che non può essere isolato dalle forme stesse di vita della chiesa: così il processo avviato a partire da quelle terre amazzoniche avrà una ricaduta anche nelle altre chiese del mondo, fin oltre le porte della vecchia Europa.
Dal dibattito sinodale va messo in evidenza l’atteggiamento di ascolto reciproco e la grande libertà negli interventi, pronunciati senza timidezze: anche di fronte a profonde divergenze, i conflitti non sono stati silenziati, ma hanno potuto emergere ed essere assunti con dinamiche autenticamente sinodali. Si è così giunti ad affermare e comprendere come i popoli dell’Amazzonia potranno accogliere il cristianesimo se questo viene inculturato e sa creare diversità e pluralità di espressioni della fede, di liturgie e di forme del servizio pastorale.
I temi venuti alla ribalta, capaci di spaventare porzioni tradizionaliste della chiesa cattolica, sono quelli riguardanti la possibile apertura a presbiteri sposati e a un riconoscimento istituzionale per quei ministeri che le donne di fatto già svolgono in tante comunità cristiane.
Qui si sono manifestate le attuali contraddizioni: molte comunità in Amazzonia sono prive dell’eucaristia per mancanza e scarsità di presbiteri, eppure c’è chi preferisce questa grave carenza, che minaccia la vita della chiesa, piuttosto che mutare la disciplina canonica latina che prevede il celibato per i presbiteri ordinati. Ma il matrimonio, dono del Signore al pari del celibato, è vocazione che non ostacola né la santificazione né l’esercizio del ministero, anche se il celibato, nella sua grandezza e nella sua miseria, consente al missionario ordinato di dedicarsi pienamente al servizio della comunità.
Ed ecco la novità, della quale non sappiamo ora misurare la portata:
- d’ora in poi l’ordine presbiterale sarà aperto a diaconi permanenti che sono sposati e che hanno mostrato di saper servire nella loro condizione uxorata il popolo di Dio, attraverso la predicazione della Parola (già possibile per i diaconi), la celebrazione dei sacramenti e la presidenza della comunità.
- Quanto alle donne, pare tuttora impensabile pensare di aprire loro l’accesso all’ordine, anche al diaconato, ma perché manca l’audacia di creare nuovi ministeri nei quali i laici di entrambi i sessi possano esprimere i carismi loro propri anche attraverso la presa della parola nell’assemblea liturgica e la corresponsabilità pastorale della comunità? Perché i semplici battezzati – e in particolare le donne – sono assenti o senza possibilità di decisione nei luoghi istituzionali?
Questo sinodo è stato una tappa decisiva di un processo avviato e non arrestabile. Sarà ancora una volta papa Francesco – come nel sinodo sulla famiglia – a perseguire vie profetiche che, senza contraddire la grande tradizione, aiutino la chiesa intera a rispondere alle esigenze attuali di un mondo non più cristiano eppure ancora capace di ascoltare il Vangelo!
[views]
Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.