Attualità
Nuovo lavoro del gruppo ” Jubilate Deo”, assente dalle manifestazioni castelbuonesi ormai dal 2002, quando presentò ” Dio su una Harley “. Questo ritorno in occasione delle celebrazioni per l’Anno Giubilare della Parrocchia Maria Assunta. Dedicato a Enzo La Grua, celebrerà chi non è mai celebrato: gli ultimi, i diserededati, i disprezzati, i dimenticati, gli sfruttati, gli ” usati” …. ( Pieghevole della manifestazione : e-vi-precederanno) |
Qualche anno fa lei mi convocò presso il suo ufficio per propormi di entrare a far parte del Consiglio di Amministrazione del Museo Civico; si trattava per me di un’occasione che, per quanto nuova, mi avrebbe posta a fianco di persone che già appartenevano ad un’Istituzione che dava dei segnali di buone opportunità di crescita culturale per Castelbuono. Durante quel primo nostro incontro mi diceva di aver pensato a me perché l’intento era quello di incentivare una realtà culturale a Castelbuono che oltrepassasse i confini provinciali, un’opportunità da offrire alla nostra comunità affinché potessimo aprirci a dei contesti non solo nazionali ma addirittura di Paesi che si affacciano sul Mediterraneo. L’idea mi piacque e l’ottica per me fu da subito quella di pormi al servizio del Museo nel tentativo di far usufruire ad altri quel po’ di esperienza che ogni esistenza contiene e che caratterizza ciascuno di noi nel proprio ambito di lavoro e passioni personali. Accettai convinta che collaborare con cittadini come Angelo Ciolino, Enzo Sottile, Rosa Maria Di Giorgi, ma anche di Rosario Sferruzza e Francesco Prisinzano, risultasse una garanzia per operare con la purezza d’intenti di quei pochi idealisti che ancora circolano per le vie di Castelbuono. Lei dal canto suo prometteva collaborazione e continuità, specificando di non guardare mai al colore politico dei collaboratori ma alle loro potenzialità, io le ho creduto. Le attività svolte dal Consiglio di Amministrazione, guidato dal Presidente Angelo Ciolino, non possono certo essere tutte enumerate in questo piccolo spazio. Ricorderà del resto un volumetto pubblicato, presentato e diffuso a conclusione del nostro mandato atto a riassumere e informare Lei e la cittadinanza (a cui credevamo spettasse altrettanto conto e ragione), sugli investimenti in denaro, energie, fatiche e speranze che nel corso di alcuni mesi avevamo messo in moto. Segno della vivace attività e dei risultati era stato fin da subito l’aumento delle entrate dei visitatori nel nostro Castello dei Ventimiglia e il relativo finanziamento delle iniziative organizzate grazie a queste stesse. Ancora più soddisfacente era per noi il constatare di riuscire a non dipendere da un finanziamento comunale (che diveniva sempre più esiguo) o da una giunta di consiglieri che più volta convocata ufficialmente al Castello, si era rivelata totalmente assente sia nei momenti di intrattenimento culturale, sia nelle iniziative finalizzate a far conoscere le emergenze conservative del nostro degradato patrimonio artistico, ambientale e culturale. Nonostante ciò la nostra équipe continuava a procedere: come da Lei auspicato cercavamo di confrontarci proprio al di là di quei confini territoriali, di entrare in contatto con la cultura internazionale. Grazie all’inventiva e alle competenze del nostro Direttore e di chi lo collaborava, si organizzarono diversi momenti, uno fra i tanti la Relazione su ipotesi di riqualificazione e allestimento museale del castello, pietra fondante di ogni scelta programmatica del Museo. Seguirono i progetti per l’abbattimento delle barriere architettoniche con la copertura della torre rotonda e la realizzazione dell’ascensore per il raggiungimento dei vari livelli del castello, i diversi convegni sulla tutela dei nostri monumenti, pubblici e privati, le stagioni concertistiche Musium, la collaborazione incisiva per lo studio progettuale sul Piano Particolareggiato dell’area castellana e di quello per il teatro di città, ma anche il tentativo, avviato, di un concorso internazionale a inviti per la progettazione di piazza castello, la «scoperta» dell’antica cappella palatina di sant’Anna, la collaborazione con Fiumara d’arte, che ha aperto la via di un percorso all’interno dell’arte contemporanea, con l’Università e il Centro Regionale per il Restauro, con il Museo dei Ragazzi di Firenze e il Polo museale fiorentino, con l’Officina di Studi Medievali di Palermo. Come non ricordare gli sforzi per qualificare l’ufficio amministrativo, l’apertura e l’arredo museale della sezione Arte Sacra, che ha risvegliato gli interessi di visita al nostro castello, sottraendo alla polvere e ai topi dei magazzini il prezioso materiale e impedendo che il nostro patrimonio andasse distrutto, la riqualificazione della scuderia come spazio espositivo, e poi ancora le tante iniziative volte alla ripresa dei lavori di ricerca e scavo archeologico e più estesamente di restauro dell’intero castello, attualmente non ancora dichiarato agibile, le sale del Castello aperte a studenti di svariata provenienza grazie ad una mostra di Calligrafia araba organizzata con l’Institut du Monde Arabe di Parigi e corredata da giornate seminariali e laboratoriali. Pensi che avevamo persino avuto l’impressione che ogni tanto anche in Sicilia, e addirittura a Castelbuono, nonostante le fatiche e i tempi non sempre brevi, fossimo riusciti ad innescare un circolo virtuoso. Siamo passati così anche alla redazione degli inventari degli argenti, dei tessili, delle opere d’arte, dei manufatti vari e del materiale archeologico che hanno scongiurato, finalmente, la perdita o l’alienazione del restante patrimonio del Castello (purtroppo non bisogna andare molto lontano per ricercare gli effetti di tale abbandono, né si può dimenticare quel patrimonio del museo, ancora a rischio di perdita, mai restituito all’Istituzione). Ma anche, per ultimo, il recupero dello smembrato, prezioso, soffitto ligneo quattrocentesco, policromato e decorato, del «Quarto di don Cesare». Tante dunque le attività, ultima alla quale ho partecipato la mostra l’ARTE Svelata. Per farla breve, ci siamo illusi che forse qualcuno fuori Castelbuono potesse essere attratto da questo luogo non solo da asini o panettoni… Ma evidentemente tutto questo non è bastato a soddisfarla. Giunti alle elezioni Lei ci chiedeva continuità, ma ahinoi, ad elezioni concluse, abbiamo compreso che la chiedeva solo per sé e… per «ringraziare» tutti coloro che la supportavano. E così il racconto sta per concludersi. Insieme alla sua riconferma è arrivata una ventata di «cambiamento» sulla sua amministrazione: bisognava alternarsi e sostituire anche i membri del Consiglio di Amministrazione del Museo. Spirava uno strano venticello che così ci giungeva…«se hai lavorato e ti sei impegnato è meglio che te ne vada. Sei riuscito a far funzionare qualcosa? Allora sfasciamola…». Per cominciare il vento soffiò sul «vecchio» Presidente: troppo esperto, troppo presente, troppo tempo dedicato al Museo gratuitamente; invece il vento nuovo portava «lo spazio per i giovani». Attenzione, meglio quelli senza titoli ed esperienza dirigenziale, anzi, proprio così devono essere. Sì, è richiesto che si presenti un curriculum adatto alla circostanza… Però è pur vero che se poi nessuno dà le opportunità agli inesperti come faranno questi a farsi un’esperienza? A maggior ragione quindi il vento nuovo portava via Rosa Maria Di Giorgi che d’altronde abita a Firenze, troppa distanza… troppe conoscenze politiche (che però guarda caso sono anche della sua stessa parte politica). Mai visto niente di più strano signor Sindaco… le feci anche notare che di solito quando cambia un’amministrazione si assiste al cambio della guardia della corrente opposta. Ma per lei no, il vento del cambiamento è soffiato tanto forte, è stato impossibile resistergli. Provai a discuterne con lei, a cercare di comprenderne le logiche, anche perché quello che soprattutto non riuscivo a capire era perché il vento nuovo avesse risparmiato me (?) e Rosario Sferruzza. Entrambi eravamo posti in una nuova arena in compagnia di altri partecipanti, che a loro volta si trovavano calati in una realtà che sconoscevano del tutto, ma certamente già gratificati dalla sua nomina. Niente da fare, la mia scarsa capacità di adattarmi mi ha lasciata con la sua sola risposta: «così ostacoli il cambiamento e rischi di rimanere abbarbicata ad una squadra di lavoro non accorgendoti che i progetti sono più importanti!». A questo punto fui la prima dimissionaria. Così come avevo prestato con entusiasmo il mio contributo, allo stesso modo mi ritirai in buon ordine. Le promisi però che avrei continuato a seguire gli avvenimenti e le sorti culturali del Museo, ma mi creda, certo non per qualche sentimento di stizza o rammarico personale, ma perché credo che ogni libero cittadino che ami la propria comunità abbia il dovere civico di «controllare» (perdoni il termine che l’ha tanto infastidita) l’operato dei propri amministratori. Le dissi anche che sarei venuta con grande piacere a stringerle la mano complimentandomi per i futuri miglioramenti delle attività del nuovo Consiglio il giorno in cui questi si sarebbero verificati, il giorno in cui i progetti in cui avevamo già investito del denaro pubblico sarebbero andati in porto, e il tutto lealmente e onestamente. Giunti allora a queste ulteriori e ben più gravi dimissioni del Direttore, che considero assolutamente deleterie come deleteria può essere la perdita di un cittadino competente appassionato del suo lavoro, dimissioni che non potranno non influire sulle sorti del Museo e del Castello, non mi sono più sentita di stare solo a guardare. Oggi avrei davvero preferito scriverle una lettera «all’incontrario», ammettere di essermi sbagliata sulle sue scelte di cambiamento ed assistere invece al progresso di un’ente che doveva portare ossigeno invece che vento… Ma ora il vaso è traboccato, prova ne è l’amarezza che tanto garbatamente esprime l’ex-direttore nella lettera già pubblicata. Scrivo con grande delusione con lo scopo di informare i lettori, e soprattutto un certo tipo di cittadino castelbuonese che continua a crogiolarsi beato in una Castelbuono fatta di «servizi televisivi», nota per bel paese dalle ore piccole e schiamazzi notturni, da ombrelloni con dimensioni che deturpano la visuale architettonica e l’armonia della piazza principale, che il Castello, il nostro bene monumentale più prezioso, versa in condizioni di inagibilità (altro che Castel Buono…) e che così proseguendo finiremo con il perdere anche il nome della nostra cittadina, che potrebbe ormai ribattezzarsi il «Paese dei Balocchi» dove i più ignoranti e fannulloni passeggiano a pieno titolo sotto le spoglie di allegri asinelli. Patrizia Spallino |
Tu lo sai quanto è doloroso strappare completamente il vestito vecchio, ormai tutt’uno con la lebbra.
E’ doloroso toglierlo … provoca un dolore atroce e straziante ..ma lo dobbiamo fare.
Non è più tempo di mettere toppe nuove in abiti vecchi.
E’ tempo di mettere vino nuovo in otri nuovi.
Dall’articolo su “ Repubblica” di Zita Dazzi [ 05/06/2008) (http://www.repubblica.it/2008/05/sezioni/esteri/benedettoxvi-21/martini-vizi/martini-vizi.html) sottolineiamo alcuni passaggi del Card. C.M. Martini, affetto da M di Parkinson , dagli esercizi spirituali predicati a sacerdoti nella casa dei Gesuiti di Galloro. E’ un impegno che vuole onorare a tutti i costi “Devo farlo perché sarà l’ultimo ritiro, fa parte delle scelte che fa una persona anziana e in dirittura d’arrivo, ci sono cose che devo dire alla Chiesa. “ |
Commentando alcuni brani della lettera di Paolo ai Romani [ Rm 12, 2: Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto. etc …], la dove si parla del peccato, con monito austero, lancia delle piste di riflessioni: “Tutti questi peccati, nessuno escluso, sono stati commessi nella storia del mondo, ma non solo. Sono stati commessi anche nella storia della Chiesa. Da laici, ma anche da preti, da suore, da religiosi, da cardinali, da vescovi e anche da papi. Tutti “ L‘inganno che per me è anche fingere una religione che non c’è. Fare le cose come se si fosse perfettamente osservanti ma senza nessuna interiorità“.
L’invidia, vizio clericale per eccellenza, “Che cosa ho fatto io di male perché il tale fosse nominato vescovo e io no “.
La calunnia: “beate quelle diocesi dove non esistono lettere anonime. Quando io ero arcivescovo davo il mandato di distruggerle. Ma ci sono intere diocesi rovinate dalle lettere anonime, magari scritte da Roma.“ Il vanto di fare gruppo , “ di coloro che credono di fare molti proseliti, di portare gente perché così si conta di più. Questo difetto grave è molto presente anche nella Chiesa di oggi. Come il vizio della vanagloria, del vantarsi. Ci piace più l’applauso del fischio, l’accoglienza della resistenza. E potrei aggiungere che grande è la vanità nella Chiesa. Grande! Si mostra negli abiti. Un tempo i cardinali avevano sei metri di coda di seta. Ma continuamente la Chiesa si spoglia e si riveste di ornamenti inutili. Ha questa tendenza alla vanteria“. “Anche nella Curia romana ciascuno vuole essere di più. Ne viene una certa inconscia censura nelle parole. Certe cose non si dicono perché si sa che bloccano la carriera. Questo è un male gravissimo della Chiesa, soprattutto in quella ordinata secondo gerarchie perché ci impedisce di dire la verità. Si cerca di dire ciò che piace ai superiori, si cerca di agire secondo quello che si immagina sia il loro desiderio, facendo così un grande disservizio al Papa stesso“.
“Purtroppo ci sono preti che si pongono punto di diventare vescovi e ci riescono. Ci sono vescovi che non parlano perché sanno che non saranno promossi a sede maggiore. Alcuni che non parlano per non bloccare la propria candidatura al cardinalato. Dobbiamo chiedere a Dio il dono della libertà. Siamo richiamati a essere trasparenti, a dire la verità. Ci vuole grande grazia. Ma chi ne esce è libero“.
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