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Vangelo del giorno
Sabato 23 Novembre 2024

In quel tempo, si avvicinarono a Gesù alcuni sadducèi – i quali dicono che non c’è risurrezione – e gli posero questa domanda: «Maestro, Mosè ci ha prescritto: “Se muore il fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello”. C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. Allora la prese il secondo e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare figli. Da ultimo morì anche la donna. La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie».
Gesù rispose loro: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: “Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe”. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui».
Dissero allora alcuni scribi: «Maestro, hai parlato bene». E non osavano più rivolgergli alcuna domanda.

(Lc. 20,27-40) 

Bibbia – CEI 2008
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Per citazione
(es. Mt 28,1-20):
Per parola:

Attualità

Mentre è in arrivo il tanto contestato concorso docenti scoppia una polemica dopo le dichiarazioni del ministro Profumo sull’opportunità di ripensare l’ora di religione.

Un modo nuovo di fare scuola.

E’ quanto espresso dal Ministro che, partecipando alla festa di Sinistra ecologia  e libertà  ha dichiarato:

 

 “ Credo che l’insegnamento della religione nelle scuole così come concepito oggi non abbia più molto senso. Probabilmente quell’ora di religione andrebbe adattata, potrebbe diventare un corso di storia delle religioni o di etica”.  Successivamente correggendo il tiro ha dichiarato “ Credo che il paese sia cambiato, nelle scuole ci sono studenti che vengono da culture, religioni e paesi diversi. Credo che si debba cambiare il modo di fare scuola, che debba essere più aperto …  E’ necessaria “una revisione dei programmi”   a partire  dall’insegnamento della religione ma anche della geografia.”Radicali, Italia dei valori e studenti medi hanno plaudito all’iniziativa del ministro dell’Istruzione. I primi si dichiarano favorevoli “purché – spiega la senatrice Donatella Poretti – sia “chiaro che si deve passare dall’abolizione dell’esistente…. Oggi  nelle scuole italiane non si insegna storia delle religioni, ma si fa catechismo coi soldi pubblici. E non basta rivedere i programmi perché quell’ora è anche gestita dalla chiesa cattolica“.Rivedere l’ora di religione – commenta Pierfelice Zazzera (Idv), vicepresidente della Commissione Cultura della Camera – è giusto ma non sufficiente: bisogna procedere al taglio dei fondi stanziati per le scuole private e confessionali. …. Ci auguriamo che le dichiarazioni del Ministro sull’ora di religione non siano un’arma di distrazione di massa, mentre è in arrivo il concorso”.
Le reazioni alle parole del ministro non si sono fatte attendere. Sull’argomento  è intervenuto il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio per la cultura: “sì” alla proposta del ministro del ministro Francesco Profumo sull’ora di religione, ma con la certezza che essa deve restare cristiana come stabilito dagli accordi concordatari. “È importante – spiega – il rinnovamento della didattica nel metodo: il messaggio evangelico e i grandi insegnamenti cristiani vanno sempre insegnati, ma c’è spazio anche per un aggancio con il mutare della società e lo sviluppo dei tempi e della cultura“. In questo senso – ha precisato Ravasi – ciò che ha detto il ministro Profumo può essere declinato”.
Nei programmi attuali “certamente – ha spiegato Ravasi – ci sono contenuti fondanti. Non penso solo alla religione, ma anche alla scienza. Non si può, ad esempio, prescindere dalle grandi leggi della fisica, ma ci sono anche interpellanze nuove, come la bioetica. Oppure penso alla comunicazione, che oggi non funziona più con la carta e il pennino come nella mia infanzia. Lo stesso discorso  vale per la religione”.
Ricordiamo le parole del card. Martini  sull’importanza dell’insegnamento della religione cattolica nelle scuole: esso «svolge un servizio alla scuola e alle sue finalità. Abbiamo visto che una finalità della scuola è quella di porre il problema del rapporto dei dati scientifici e storici con il significato che essi hanno per la coscienza e la libertà. Orbene la coscienza e la libertà chiamano in causa i beni ultimi, universali, fondamentali dell’esistenza. Quello che, poi, la coscienza e la libertà decideranno circa questi beni, è un compito delle singole persone.
Ma è compito della scuola porre correttamente il problema. L’insegnamento della religione, che riguarda appunto le questioni decisive, i fini ultimi della vita, aiuta la scuola a svolgere questo compito. L’aiuta entrando in dialogo con le altre materie di insegnamento, ma conservando una propria specificità, che non può essere confusa con gli scopi delle altre materie. […] Presentando il cattolicesimo nella scuola, la Chiesa aiuta gli alunni italiani a capire la cultura in cui vivono, perché, come dice anche il Concordato “i principi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano” (art. 9, par. 2)».

 

 

E’ morto ieri pomeriggio, all’età di 85 anni, il cardinale Carlo Maria Martini, profeta del nostro tempo, disponibile a mettersi in discussione e stimolare la chiesa  ad essere sempre più aperta e dialogante facendosi portavoce della sofferenza degli “ esclusi “ invitandola ad essere misericordiosa per essere sempre più credibile.

Le sue condizioni erano gravissime e giudicate irreversibili gia’ da giovedi’ sera. E chi gli e’ stato accanto sapeva che gli restavano solo “poche ore” di vita.

Cosi’ come Giovanni Paolo II, anche Martini soffriva del morbo di Parkinson ed era ospite dal 2008 del collegio Aloisianum di Gallarate (Varese )

Il cardinale Carlo Maria Martini ha servito generosamente il Vangelo e la Chiesa“, ha detto Benedetto XVI in un messaggio al cardinale Scola, attuale successore di Martini, esprimendo la propria “tristezza” per la morte del porporato gesuita “dopo lunga malattia, vissuta con animo sereno e fiducioso abbandono in Dio”.

Tra i tanti meriti di Martini, Benedetto XVI ricorda “il competente e fervido servizio reso alla Parola di Dio, aprendo sempre piu’ alla comunita’ ecclesiale i tesori della Scrittura“.Nel novembre 1980 ha introdotto nella Diocesi di Milano la “Scuola della Parola” che consiste nell’aiutare il popolo di Dio ad accostare la Scrittura secondo il metodo della lectio divina.

Uomo del dialogo, nel 1983 fu scelto come interlocutore dai militanti di Prima Linea in una “conferenza di organizzazione” che si tenne nel carcere  Le Vallette di Torino, dove erano concentrati la gran parte degli imputati del “maxiprocesso” che era in corso contro l’organizzazione, che decisero di far consegnare proprio all’arcivescovo Carlo Maria Martini le armi ancora in disponibilita’ dei piellini rimasti liberi.

A 75 anni esatti  si dimette da ogni incarico,  e  l’11 luglio 2002 si trasferisce a Gerusalemme dove riprende gli studi biblici. E là lo si vedeva passeggiare con il panama bianco e un bastone elegante nella citta’ vecchia, tra la Porta di Damasco e quella di Jaffa, un itinerario che compiva spesso per recarsi dalla casa dei gesuiti biblisti al Santo Sepolcro.Il Parkinson poi lo costringe qualche anno fa a rientrare in Italia, a Gallarate, da dove, non potendosi spostare facilmente, grazie a internet inizia la sua collaborazione con  diverse testate, tra le quali il Corriere della Sera che ogni 15 giorni gli dava una pagina per rispondere ai lettori sui temi della fede e della morale.

Riportiamo la testimonianza del priore di Bose Enzo Bianchi apparsa sulla “ Stampa” di oggi.

 

Se n’è andato accompagnato dalla preghiera di tutta la diocesi, dei suoi confratelli gesuiti, di quanti lo hanno amato e gli sono stati vicini durante il suo ministero pastorale e gli ultimi anni segnati dalla malattia e dal progressivo affievolirsi della voce e delle forze. Se n’è andato accompagnato anche dal pensiero grato – forse anche dalla preghiera – di tanti che cristiani non sono e nemmeno credenti, ma che hanno trovato in lui un pastore, un padre, un amico, un confidente.Ci ha lasciato da un letto di malattia, luogo dove aveva voluto chiudere il suo ministero di vescovo a Milano: negli ultimi mesi del suo episcopato si recava ogni giorno, nel silenzio e nella discrezione, a salutare uno per uno i suoi presbiteri ammalati, andandoli a trovare nelle loro case,negli ospedali
 nei luoghi di cura…

Del resto, proprio dagli ammalati aveva voluto iniziare la sua missione a Milano: la prima parrocchia da lui visitata fu quella della Madonna di Lourdes, in occasione della giornata del malato: segno tangibile della sua consapevolezza di essere pastore in quanto discepolo fedele del Signore venuto come medico per i malati e non per i sani, sollecito verso i peccatori più che verso i giusti.

Uomo della Scrittura, tra i più autorevoli studiosi del Nuovo Testamento, è stato uomo della Parola nel senso più profondo del termine: letta, studiata, meditata, pregata, amata, la parola di Dio per Martini era “lampada per i suoi passi, luce per il cammino” ed era anche, e proprio per questo, chiave di lettura del proprio e dell’altrui agire, luogo di ascolto, di discernimento, di visione profetica.

La sua prima lettera pastorale volle dedicarla a “La dimensione contemplativa della vita”, a quella ricerca dell’essenziale attraverso uno sguardo lungimirante, desideroso di assumere la visione stessa di Dio sulle persone e sugli eventi, uno sguardo che solo l’assiduità con la parola di Dio arriva ad affinare. 

E uomo, cristiano, vescovo della Parola, Martini lo è stato anche per la sua grande capacità di ascolto: incontrarlo era sperimentare di persona cosa è un orecchio attento e un cuore accogliente, cosa significa pensare e pregare prima di formulare una risposta, cogliere il non detto a partire dalle poche parole proferite dall’interlocutore, capirne i silenzi.

Dall’ascolto attento, della Parola e dell’altro, nasceva nel card. Martini la capacità di gesti profetici, la sollecitudine per la chiesa e per la sua unità, la vicinanza ai poveri, il farsi prossimo ai lontani, il dialogo con i non credenti fino a considerarli propri maestri cui affidare cattedre per la ricerca del senso delle cose e della dignità delle persone. E questa docilità alla Parola ha fatto di lui uno dei rari ecclesiastici in cui non si trovavano né tattiche, né strategie, né calcoli di governo, ma la parresia evangelica di chi si affida al Signore.

Tra i numerosi incontri avuti con lui nel corso di una lunga amicizia – nata nell’inverno del 1977, quando entrambi sostavamo a Gerusalemme – vorrei in questo momento ricordare l’ultima sua visita a Bose, quando le forze già cominciavano ad abbandonarlo senza minimamente intaccare la sua lucidità e la sua passione per il Vangelo e per la “corsa della Parola” tra gli uomini e le donne del nostro tempo.

“Vedo ormai davanti a me la vita eterna – ci disse con grande semplicità e forza – sono venuto per darvi il mio ultimo saluto, il mio grazie al Signore per questa lunga amicizia nel Suo nome: conto sulla vostra preghiera e sul vostro affetto”.

E così, come un padre pieno di sollecitudine, ci parlò della morte e del morire, della risurrezione e della vita:

Si muore soli! Tuttavia, come Gesù, chi muore in Dio si sa accolto dalle braccia del Padre che, nello Spirito, colma l’abisso della distanza e fa nascere l’eterna comunione della vita. Nella luce della risurrezione di Gesù possiamo intuire qualcosa di ciò che sarà la risurrezione della carne. L’anticipazione vigilante della risurrezione finale è in ogni bellezza, in ogni letizia, in ogni profondità della gioia che raggiunge anche il corpo e le cose”.

Sì, aver conosciuto e amato il card. Martini, aver avuto il grande dono della sua amicizia è stata occasione di questa letizia e gioia profonda, ha significato comprendere perché i padri della chiesa erano soliti dire che i discepoli autentici del Signore sono sequentiae sancti Evangelii, brani del Vangelo, narrazioni dell’amore di Dio per l’umanità tutta.

 Per questo il sentimento di gratitudine al Signore per il dono che è stato padre Carlo Maria Martini, come semplicemente si faceva chiamare in questi ultimi anni, abita i cuori di tanti, ben al di là dei confini della diocesi ambrosiana.

 
Oltre alla testimonianza di Enzo Bianchi riportiamo l‘ultima intervista: «Chiesa indietro di 200 anni. Perché non si scuote, perché abbiamo paura? » a cura di Georg Sporschill e Federica Radice Fossati Confalonieri ( da il “Corriere della Sera” del 1 settembre 2012 )(Padre Georg Sporschill, il confratello gesuita che lo intervistò in Conversazioni notturne a Gerusalemme , e Federica Radice hanno incontrato Martini l’8 agosto: «Una sorta di testamento spirituale. Il cardinale Martini ha letto e approvato il testo». )
 
 Come vede lei la situazione della Chiesa?

«La Chiesa è stanca, nell’Europa del benessere e in America.

La nostra cultura è invecchiata, le nostre Chiese sono grandi, le nostre case religiose sono vuote e l’apparato burocratico della Chiesa lievita, i nostri riti e i nostri abiti sono pomposi. Queste cose però esprimono quello che noi siamo oggi? (…)

 Il benessere pesa.

 Noi ci troviamo lì come il giovane ricco che triste se ne andò via quando Gesù lo chiamò per farlo diventare suo discepolo.

Lo so che non possiamo lasciare tutto con facilità. Quanto meno però potremmo cercare uomini che siano liberi e più vicini al prossimo. Come lo sono stati il vescovo Romero e i martiri gesuiti di El Salvador.

Dove sono da noi gli eroi a cui ispirarci? Per nessuna ragione dobbiamo limitarli con i vincoli dell’istituzione».

 Chi può aiutare la Chiesa oggi?

«Padre Karl Rahner usava volentieri l’immagine della brace che si nasconde sotto la cenere.

Io vedo nella Chiesa di oggi così tanta cenere sopra la brace che spesso mi assale un senso di impotenza.Come si può liberare la brace dalla cenere in modo da far rinvigorire la fiamma dell’amore?

Per prima cosa dobbiamo ricercare questa brace.

Dove sono le singole persone piene di generosità come il buon samaritano?

 Che hanno fede come il centurione romano?

Che sono entusiaste come Giovanni Battista?

Che osano il nuovo come Paolo? Che sono fedeli come Maria di Magdala?

Io consiglio al Papa e ai vescovi di cercare dodici persone fuori dalle righe per i posti direzionali.

Uomini che siano vicini ai più poveri e che siano circondati da giovani e che sperimentino cose nuove. Abbiamo bisogno del confronto con uomini che ardono in modo che lo spirito possa diffondersi ovunque».

Che strumenti consiglia contro la stanchezza della Chiesa?«Ne consiglio tre molto forti.

Il primo è la conversione: la Chiesa deve riconoscere i propri errori e deve percorrere un cammino radicale di cambiamento, cominciando dal Papa e dai vescovi.

Gli scandali della pedofilia ci spingono a intraprendere un cammino di conversione.Le domande sulla sessualità e su tutti i temi che coinvolgono il corpo ne sono un esempio.Questi sono importanti per ognuno e a volte forse sono anche troppo importanti. Dobbiamo chiederci se la gente ascolta ancora i consigli della Chiesa in materia sessuale.La Chiesa è ancora in questo campo un’autorità di riferimento o solo una caricatura nei media?
Il secondo la Parola di Dio.

Il Concilio Vaticano II ha restituito la Bibbia ai cattolici. (…) 

Solo chi percepisce nel suo cuore questa Parola può far parte di coloro che aiuteranno il rinnovamento della Chiesa e sapranno rispondere alle domande personali con una giusta scelta.La Parola di Dio è semplice e cerca come compagno un cuore che ascolti (…)

Né il clero né il Diritto ecclesiale possono sostituirsi all’interiorità dell’uomo.Tutte le regole esterne, le leggi, i dogmi ci sono dati per chiarire la voce interna e per il discernimento degli spiriti.

Per chi sono i sacramenti?

Questi sono il terzo strumento di guarigione.

I scramenti non sono uno strumento per la disciplina, ma un aiuto per gli uomini nei momenti del cammino e nelle debolezze della vita.Portiamo i sacramenti agli uomini che necessitano una nuova forza?Io penso a tutti i divorziati e alle coppie risposate, alle famiglie allargate. Questi hanno bisogno di una protezione speciale.

La Chiesa sostiene l’indissolubilità del matrimonio. È una grazia quando un matrimonio e una famiglia riescono (…). L’atteggiamento che teniamo verso le famiglie allargate determinerà l’avvicinamento alla Chiesa della generazione dei figli.

Una donna è stata abbandonata dal marito e trova un nuovo compagno che si occupa di lei e dei suoi tre figli. Il secondo amore riesce. Se questa famiglia viene discriminata, viene tagliata fuori non solo la madre ma anche i suoi figli.

Se i genitori si sentono esterni alla Chiesa o non ne sentono il sostegno, la Chiesa perderà la generazione futura.

Prima della Comunione noi preghiamo: “Signore non sono degno…” Noi sappiamo di non essere degni (…)

L’amore è grazia. L’amore è un dono.

La domanda se i divorziati possano fare la Comunione dovrebbe essere capovolta.

Come può la Chiesa arrivare in aiuto con la forza dei sacramenti a chi ha situazioni familiari complesse?»

 

Lei cosa fa personalmente?

«La Chiesa è rimasta indietro di 200 anni.

 Come mai non si scuote?

Abbiamo paura?

Paura invece di coraggio?

Comunque la fede è il fondamento della Chiesa.

 La fede, la fiducia, il coraggio.

Io sono vecchio e malato e dipendo dall’aiuto degli altri.

 Le persone buone intorno a me mi fanno sentire l’amore.

Questo amore è più forte del sentimento di sfiducia che ogni tanto percepisco nei confronti della Chiesa in Europa.

 Solo l’amore vince la stanchezza.

Dio è Amore.

 

Io ho ancora una domanda per te: che cosa puoi fare tu per la Chiesa?».

 

 

YouTube Il 3 Settembre i funerali . La Celebrazione eucaristica con il Rito delle Esequie è stata presieduta dall’Arcivescovo di Milano cardinale Angelo Scola che nella sua omelia ha ricordato il cardinal Martini con queste parole:

”La sua eredità è tutta nella sua vita e nel suo magistero e noi dovremo continuare ad attingervi a lungo.

Ha, però, scelto la frase da porre sulla sua tomba, tratta dal Salmo 119-118: Lampada per i miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino’. In tal modo, egli stesso ci ha dato la chiave per interpretare la sua esistenza e il suo ministero“.E ancora: “Egli, che viveva eucaristicamente nella fede della risurrezione, ha sempre cercato di abbracciare tutto l’uomo e tutti gli uomini. Lo ha potuto fare proprio perché era ben radicato nella certezza incrollabile che Gesù Cristo, con la Sua morte e risurrezione, è perennemente offerto alla libertà di ognuno“.

 

Benedetto XVI rappresentato dal cardinale Angelo Comastri, ha inviato un messaggio letto all’inizio della celebrazione.

 

Cari fratelli e sorelle, in questo momento desidero esprimere la mia vicinanza, con la preghiera e l’affetto, all’intera Arcidiocesi di Milano, alla Compagnia di Gesù, ai parenti e a tutti coloro che hanno stimato e amato il Cardinale Carlo Maria Martini e hanno voluto accompagnarlo per questo ultimo viaggio.

“Lampada per i miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino” (Sal 118-117, 105): le parole del Salmista possono riassumere l’intera esistenza di questo Pastore generoso e fedele della Chiesa.

È stato un uomo di Dio, che non solo ha studiato la Sacra Scrittura, ma l’ha amata intensamente, ne ha fatto la luce della sua vita, perché tutto fosse “ad maiorem Dei gloriam”, per la maggior gloria di Dio.

E proprio per questo è stato capace di insegnare ai credenti e a coloro che sono alla ricerca della verità che l’unica Parola degna di essere ascoltata, accolta e seguita è quella di Dio, perché indica a tutti il cammino della verità e dell’amore.

Lo è stato con una grande apertura d’animo, non rifiutando mai l’incontro e il dialogo con tutti, rispondendo concretamente all’invito dell’Apostolo di essere “pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi” (1 Pt 3, 15).

Lo è stato con uno spirito di carità pastorale profonda, secondo il suo motto episcopale, Pro veritate adversa diligere, attento a tutte le situazioni, specialmente quelle più difficili, vicino, con amore, a chi era nello smarrimento, nella povertà, nella sofferenza. In un’omelia del suo lungo ministero a servizio di questa Arcidiocesi ambrosiana pregava così: “Ti chiediamo, Signore, che tu faccia di noi acqua sorgiva per gli altri, pane spezzato per i fratelli, luce per coloro che camminano nelle tenebre, vita per coloro che brancolano nelle ombre di morte.

Signore, sii la vita del mondo; Signore, guidaci tu verso la tua Pasqua; insieme cammineremo verso di te, porteremo la tua croce, gusteremo la comunione con la tua risurrezione.

Insieme con te cammineremo verso la Gerusalemme celeste, verso il Padre” (Omelia del 29 marzo 1980). Il Signore, che ha guidato il Cardinale Carlo Maria Martini in tutta la sua esistenza accolga questo instancabile servitore del Vangelo e della Chiesa nella Gerusalemme del Cielo. A tutti i presenti e a coloro che ne piangono la scomparsa, giunga il conforto della mia Benedizione.

Da Castel Gandolfo, 3 Settembre 2012. BENEDICTUS PP. XVI

 
[Fonte ER – IL portale dell’Emilia Romagna]
 

E’ stato presentato in Regione il primo film mai realizzato su Giuseppe Dossetti (1913 – 1996), sacerdote e protagonista importante della storia italiana del ’900 .

Il documentario del titolo “Quanto resta della notte?” richiama una citazione del profeta Isaia che Dossetti utilizzò in un celebre discorso del 1994 per introdurre una riflessione religiosa e politica sull’Italia di quel periodo.

“Il documentario è stato prodotto dalla Lab Film ed è diretto da Lorenzo K. Stanzani. E’ stato presentato in anteprima nazionale a Bologna, in Piazza Maggiore, venerdì 27 luglio 2012 alle 21.30, nell’ambito dell’iniziativa “Sotto le stelle del cinema” a cura della Cineteca di Bologna.

Quanto resta della notte?” sarà trasmesso il prossimo autunno nella trasmissione Rai “La storia siamo noi”. ( Click sull’icona accanto per aprire il trailer del film ) www.ilconfronto.com
[ fonte l’Unità 29 Luglio 2012 ]
Dossetti è una grande figura di italiano, ma il suo radicamento in Bologna, città e chiesa locale, ha prodotto una attenzione che è all’origine anche di libri e realtà come il film di Stanzani, prodotti ora anche da giovani che di fatto non hanno conosciuto Dossetti di persona, ma ne hanno incontrato il ricordo e lavorano per metterne a fuoco opera e figura, un po’ reagendo alle ambigue censure che, in settori della cultura politica e dell’opinione ecclesiale, preferiscono marginalizzarlo, avvertendo che attenzione e fedeltà a questo italiano, l’unico che è stato importante in due «eventi» come l’Assemblea costituente (1946-47) e il Concilio Vaticano II (1959-1965), e dopo anni vissuti in Terra Santa su una frontiera di confronti cruciali, ha giocato di nuovo un ruolo nazionale e pubblico nel fronteggiamento democratico ed etico che ha resistito nella stagione confusa, politica e culturale, del berlusconismo ora finalmene in definitivo declino.

Che si siano prodotti un film, serio e sobrio, come «Quanto resta della Notte?», e un libro breve ma preciso come quello scritto su Dossetti dal giovane sacerdote bolognese don Fabrizio Mandreoli, ora pubblicato dal Margine, piccolo ma coraggioso editore legato in qualche modo alla esperienza della «Rosa bianca» (largamente intervistato da Stanzani nel suo film), permettono di guardare alla vicenda di Dossetti come ad una pagina storica che chiede di servire nella nostra attualità non facile e sicuramente non così banale e volgare come può anche sembrarci, ma solo se guardiamo troppo in piccolo e in superficie.

La «globalizzazione», che Dossetti ha percepito in anticipo, obbliga ormai tutti a riconoscere la piena unità del genere umano (e la forte influenza che ognuno esercita su ognuno); questo dato, terribilmente responsabilizzante, non opera solo nello spazio, ma coinvolge e lega i tempi storici, per cui poi tanti fattori interagiscono (sociali, giuridici, economici, tecnici, militari, non meno che i culturali), e con grande coerenza in Dossetti, si esprime un primato pratico della coscienza e della interiorità per intera la specie umana, schiacciata dai suoi ritardi più devastanti degli avanzamenti pur acquisiti…

La costellazione dei valori che Dossetti ha saputo vedere necessari nelle tragedie delle guerre mondiali e nelle «unità» che esse hanno fatto intravvedere, per cui le maggiori e più penetranti istituzioni (Stati e Chiese), e il miglior metodo politico da consolidare, cioè democrazia e parità tendenziale di risorse e di formazioni personali, non possiamo trascurarle, senza pericoli gravi, ma certo anche con colpe gravi un po’ di tutti e alla lunga pagate da tutti: ma con quali enormi sperequazioni, seminatrici di odi e di impotenze.

L’attualità della proposta dossettiana si affaccia nella energia morale e nella testimonianza di vita di questo italiano singolare, che è giusto e opportuno non dimenticare.

Metterebbe conto di conoscerlo di più, interrogandosi con serietà sui fattori reali della sua formazione; non necessariamente per cercare di imitarla, ma per non trascurare o lasciar perdere troppo l’occasione di un confronto stimolante e certo significativo, lungo l’intero secolo che fu grande e terribile e che Dossetti ebbe il merito e la serietà di considerare come tale.

 

Da Alcune settimane non sono presenti le omelie Padre Alberto Maggi frate dell’ordine dei Servi di Maria, fondatore del Centro Studi Biblici di Montefano, conosciuto in tutto il mondo.

Come Lui racconta:

«È il 9 aprile  lunedì dell’angelo, sono solo in casa, Ricardo (Perez, suo collaboratore ndr) è già a Bologna in procinto di imbarcarsi per la Spagna. Alle 10,30 sento come una pugnalata al petto e mi manca il respiro, penso che sia un infarto e chiamo il 118.

Arriva l’ambulanza, e riparte, ma dopo alcuni minuti si ferma perché verra un’altra ambulanza, più attrezzata a prelevarmi. Il trasbordo avviene sotto il cimitero di Montefiore. Chiedo ai barellieri: già arrivati? caspita che fretta!
L’ambulanza riparte, il medico mi fa l’elettrocardiogramma, mi mette la maschera per ossigeno, poi, gentile mi avverte che la sirena non è per le mie condizioni, ma per il traffico.Uhm,sarà vero, ma forse è una pietosa bugia e siccome il dolore cresce e si fa insopportabile penso che sto per morire. Non sono mai morto prima e questa è la prima esperienza della morte. Mi meraviglio di non provare paura ansia o altro, nulla. Penso che il mio morire sarà l’ultimo regalo che potrò fare della mia vita, perché si conosce la morte solo dal morire degli altri. Così atteggio il mio volto a un grande soddisfatto sorriso. Desidero che vedano quanto sono stato contento di morire!
Mi portano a Civitanova , subito ecografie, elettrocardiogrammi. Intanto avverto Ricardo. Lo prendo proprio al volo perché si sta gia imbarcando. Decide di tornare e una nostra amica che aveva accompagnato la figlia a ll’aeroporto si offre di accompagnarlo in macchina… Il Signore comincia a agire e prendersi cura di ogni aspetto. Intanto i medici propendono per una gastrite e trascorro la notte in un lettino del pronto soccorso. Nel momento del bisogno il Signore manda sempre una angelo: arriva il filosofo Roberto Mancini, che mi sta accanto per tutta la notte. Al mattino finalmente decidono per la tac: disseccazione dell’aorta. Di corsa all’ospedale di Ancona dove ora mi trovo.
I primi giorni sono pieno di dolori e senza forze, ma con una serenità crescente. Questa esperienza mi conferma che: quando si vive per gli altri, al momento del bisogno si riceve cento volte di più. Che il Signore tutto trasforma in bene e che si prende cura di ogni particolare. Di nuovo c’è stata l’esperienza del morire. Senza alcuna paura!».

 

Padre Alberto ha aggiornato costantemente tutti i suoi amici di Facebook con il racconto di ogni momento della sua convalescenza.  

 

 21 Giugno:

“Ieri è stata una giornata così intensa di emozioni che alle 20,30 già dormivo esausto.

Mi sveglio verso le 22,30 e suono per il solito rituale del pappagallo… Non viene un infermiere, ma tutti quelli del turno di notte! Sono felici per il buon esito della Tac e desiderosi di festeggiare. Così ognuno con un pocket espresso che Marco e Lucilla forniscono in quantità industriale, festeggiano la giornata e si fanno raccontare tutto.

La giornata era iniziata con una sorpresa: alle otto si apre la porta,pensavo fosse per la prima colazione… Invece mi portano a fare la Tac! Resto sorpreso… Mi avevano detto che avrei dovuto farla tra un paio di giorni… Arrivo, mi preparano, e colgo una novità.

L’ambiente della Tac è sempre molto freddo e,ogni volta seminudo vengo colto da brividi di freddo. Di norma mi coprono con un telo, che poco o nulla ripara. Invece questa volta l’infermiera, volto dolce, tira fuori una … coperta! Alla Tac c’era la coperta! C’era sempre  stata, ma ci voleva il cuore della persona per utilizzarla!

Comprendo che la sanità più che dalle strutture è fatta dalle persone! Entro nel macchinario e mi rivolgo così al Signore: spero che vada tutto bene, ma se ci fossero ancora problemi sono fiducioso perché tu tutto fai concorrere al bene di chi ami.

Mi riportano in reparto… Clima di festa, medici infermieri, tutti, con le lacrime agli occhi… È andata! Mi festeggiano e io piango di felicità. E ancor prima di essere felice per me lo sono per tutta l’equipe medica… Non meritava un’altra delusione!

Ma c’è poco tempo,per festeggiare…

Ora c’è da operare….

Entra il medico, è il primo che vidi quando venni ricoverato, è un uomo di grande competenza e ricco,di umanità e sensibilità .

Mi fa coricare supino e mi dice che mi deve togliere i fili… epicardici (?). Prende un filo che emerge da una delle tante cicatrici che ho sul,petto e mi fa: adesso fai un bel,respiro… Respiro e lui comincia a estrarre dal petto un filo che mi sembra interminabile (guardo con un occhio solo perché mi fa impressione).

 Tira tira… Circa 20 cm…. ! Dove stava, chiedo. Risponde come se fosse la cosa più normale del mondo: appoggiato sul cuore!

Non faccio in tempo a riavermi che mi fa sedere sul letto con le gambe fuori e dice che mi deve… siringare… Per togliere il veramente pleurico.

Di lui ho una stima e una fiducia così grande che eseguo e collaboro.. Con una siringa nella schiena inizia a estrarre il liquido… Sono incredulo, più di un litro! Ora, mi dice, coricati sul lato dove ho estratto il liquido per venti minuti… Lo faccio volentieri perché sono esausto…

 Dopo,qualche minuto arriva Francesca, la fisioterapista, deve farmi alzare dal letto… Allora contratta con il medico, i minuti coricati diventano dieci, e subito in piedi, in giro per il reparto…

Torniamo per l’ora di pranzo, sono digiuno dal mattino e sono affamato…

Non c’è spazio per elaborare le emozioni, ma la,gioia è incontenibile.

E nel pomeriggio viene a trovarmi Tommaso, il giovane e straordinario chirurgo che ha eseguito i primi interventi, e per più di un’ora resta a parlare, spiegare… Ha gli occhi felici ! Aveva intuito tutto e aveva indovinato tutto… E dopo cena crollo esausto , felice… E grazie a tutti voi… Stiamo vivendo .”

 

26 Giugno:

“Si conclude ormai una giornata intensa e ricca di emozioni

. È confermato che domani nel primo pomeriggio mi dimettono.

Così da questa mattina hanno cominciato a venirmi a salutare medici e infermieri dell’Utic, dove dal 10 aprile sono stato ricoverato.

 Sembra di rivedere vecchi amici o parenti, saluti carichi di affetto, occhi lucidi, e ognuno ci tiene a dirmi qualcosa della degenza e in particolare dell’ultimo delicato intervento.

Nell’ordine, secondo i punti di vista mi hanno definito un miracolato, un sopravvissuto, un caso eccezionale, un caso disperato, e comunque tutti sorpresi di come stia bene e della mia rapida ripresa.

 Ho detto loro,che era grazie alla loro alta professionalità e che mi ero sempre fidato di loro.

 No, mi replica un giovane medico, con gli occhi lucidi: se tu ora sei vivo e sano lo devi alla grande forza interiore che avevi prima dell’intervento ma che poi giorno dopo giorno abbiamo visto come lievitare…

Ti guardavamo sorpresi, increduli, poi ci siamo lasciati coinvolgere anche noi e ora dopo la tua permanenza con noi è come se in ognuno di noi fosse emerso qualcosa che prima era nascosto…

Tu puoi considerarti un sopravvissuto, ma credimi, ognuno di noi, dopo la tua permanenza si trova diverso, più ricco… Poi la commozione prende il sopravvento e ci abbracciamo commossi, e le,lacrime si fondono ….” “

 

Dal nostro blog gli auguri più sinceri

 

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