Tirisan
E’ fondamentale allora darsi delle regole comuni per consentire la massima espressione da parte di tutti.
Il massimo di possibilità espressiva per tutti, risiede in valori come la responsabilità, la condivisione, la ricerca onesta con ogni mezzo del reciproco ascolto senza pregiudiziali e senza paletti di “ verità intoccabili e indiscutibili “.
Certe volte sembra che proprio i laici siano più chiusi in merito ad argomenti che non si devono più mettere in discussione, perché acquisiti come certezze assolute.
Nella costruzione del cammino di un dialogo sincero è necessaria la consapevolezza
che tutti siamo esseri umani ,
che ci muoviamo con le nostre debolezze, con le nostre limitatezze, con le nostre “ verità innegoziabili “ ;
che difficilmente siamo disponibili , quando è tempo di stoppare le parole e compiere atti concreti, ad avvicinarci sempre di più, sorreggendoci l’un l’altro verso un cammino difficile di condivisione delle emergenze sociali.
Sono allora questi i principali ostacoli da rimuovere dal cuore dell’uomo per mettersi nella disponibilità di ascolto dell’altro.
Il dialogo è indispensabile per la costruzione di una società giusta, ma un dialogo che riconosca i valori dell’altro. Questo riconoscimento è l’inizio dell’ascolto e dell’accoglienza dell’altro.
Fondamentale è conquistare e convertire al dialogo soprattutto chi è sempre pronto ad imporre degli steccati [ e questo soprattutto per il suo bene], per evitargli che presto o tardi non venga a trovarsi, proprio lui, a scontrarsi con gli steccati che ha imposto.
Il Sistema francese: si vota in ogni collegio per un candidato, i due che prendono più voti vanno al ballottaggio e uno dei due viene eletto. I partiti che non hanno candidati in grado di arrivare entro i primi due posti (quindi quasi tutti i partiti tranne i due più forti) o si alleano coi più forti o restano fuori dal Parlamento
Anche l’ipotesi di una vittoria del referendum non dispiace, infatti il referendum prevede la proporzionale (quindi ciascuno avrà parlamentari in proporzione ai voti presi) però con una correzione fortissima dovuta al premio di maggioranza. Questo premio assegna la maggioranza dei seggi (circa il 55 per cento) al partito che prende più voti. Col patto di non-alleanza questo partito sarà o il Pd o il partito di Berlusconi, e in questo modo uno di questi due partiti, pur rappresentando circa un quarto dell’elettorato, riceverà il 55 per cento dei seggi, cioè un premio del 30 per cento e potrà governare da solo e senza vincoli. Il Parlamento conterà poco o niente. I partiti minori vedranno dimezzata la loro rappresentanza. ( vedi Liberazione del 19/12/07)
Rapporto tra religione e politica
Spiega Veltroni: “Cristo in politica è giusto e legittimo che lo porti chi ha Cristo dentro di sé. E che lo porti e non lo lasci a casa. “ [ ??!!]
“ ….la laicità dello stato – che io considero come un valore assolutamente indiscutibile e indisponibile – “ non può presupporre “una sorta di rinuncia alle identità di ciascuno.”
Qui dentro però io ci vedo una delle chiavi della possibile convivenza del nuovo millennio: il tema del rapporto tra identità e dialogo.
E’ un tempo, questo, in cui di fronte alla paura delle grandi trasformazioni economiche e finanziarie,
e della circolazione delle persone con la loro visione del mondo e la loro religione, sembra prevalere in ciascuno l’idea di arroccarsi in una dimensione identitaria: un po’ per conforto, un po’ per rassicurazione; ma con l’idea che questo possa essere l’antidoto al processo di melting pot in corso.
Tutto questo lo si può affrontare in due modi: lo si può affrontare accettandolo passivamente.
Ma il rischio dell’accettazione passiva è che si finisca con il legittimare anche le forme attraverso le quali questa identità figlia di divisioni culturali, religiose, di concezioni della comunità pubblica diversa dalle nostre, si fa integralista, fino ai rischi del fondamentalismo.
Oppure lo si può accettare con l’idea che l’identità non sia uno straccio. E che l’identità sia figlia della storia, delle culture, delle radici, delle ragioni e che sia un valore.
Perché se è vero che è necessario il dialogo, il dialogo ha senso se ci sono tante identità…”
“Personalmente non sono credente e non avrebbe senso che io fossi considerato un christian leader, anche perché esiste una sfera che è assolutamente personale che mi dà fastidio dover usare quando c’è qualcosa che è pubblico (ho visto, a proposito del rapporto tra politica e religione, trasformazioni troppo repentine determinate dalle contingenze del momento).
Però vorrei che la mia idea fosse chiara: a me ha sempre culturalmente affascinato la vocazione pastorale della chiesa mentre mi piace meno quella chiesa che ogni giorno sforna prescrizioni morali di comportamento: lo considero un po’ una riduzione della grandezza della missione e della funzione della stessa chiesa.
Io sono stato molto affascinato da Giovanni Paolo II, l’ho conosciuto ho avuto modo di parlare con lui diverse volte, mi piaceva enormemente la coesistenza in lui di identità e dialogo. Mi piaceva il fatto che sulle questioni che attengono alla responsabilità della chiesa lui avesse le sue posizioni, che per altro misurava con grandissima sapienza.
Ma non dimentichiamolo mai è stato il Papa delle invettive contro il capitalismo egoista, è stato il Papa che ha denunciato lo strazio dell’Africa, è stato il Papa più impegnato per la pace e il dialogo tra le religioni.
Ecco: a me interessa che nel Partito democratico ci siano persone che portano il punto di vista, le esperienze, la cultura religiosa con la disponibilità a incontrarle laicamente.”
E il Vaticano ?? ( non la Chiesa, perché la Chiesa è il popolo santo di Dio )….Penso che sia molto “ interessato “ a Veltroni >>> che ricambia l’attenzione – in attesa di un tacito supporto – con passaggi inequivocabili ( vedi la spaccatura sulla PROPOSTA di Ordine del Giorno: orientamento dell’assemblea regionale del PD sul Registro delle Unioni Civili a Roma ).
Povera cosa bianca >> non sei più interessante per il vaticano. E’ difficile che vedrai la luce.
Con 104 voti a favore, 54 contrari e 29 astenuti l’assemblea generale dell’Onu ha detto sì alla moratoria contro la pena di morte nel mondo.
La moratoria è stata approvata alle 11,45 ora di New York, le 17,45 in Italia. Il governo degli Stati Uniti non ha votato per la moratoria, né avrebbe potuto, perchè, la questione è prerogativa dei singoli stati, e non del Presidente né del Parlamento. Il documento non è vincolante, ma è di grande impatto morale e politico. |
Il testo esorta tutti gli stati che hanno ancora la pena di morte a “stabilire una moratoria delle esecuzioni in vista dall’abolizione” della pena capitale, e invita a ridurne progressivamentel’uso e il numero dei reati per i quali può essere comminata, rispettando gli standard internazionali a garanzia dei diritti dei condannati.
Ecco i punti salienti:
«Considerando che l’uso della pena di morte mina la dignità umana e convinti del fatto che una moratoria sulla pena di morte contribuisca al miglioramento e al progressivo sviluppo dei diritti umani; che non esiste alcuna prova decisiva che dimostri il valore deterrente della pena di morte; che qualunque fallimento o errore giudiziario nell’applicazione della pena di morte è irreversibile e irreparabile; accogliendo con favore le decisioni prese da un crescente numero di Paesi di applicare una moratoria delle esecuzioni, in molti casi seguite dall’abolizione della pena di morte»,
l’Assemblea Generale: «Esprime la sua profonda preoccupazione circa la continua applicazione della pena di morte e
«invita tutti gli Stati che ancora hanno la pena di morte a:
A) Rispettare gli standard internazionali che prevedono le garanzie che consentono la protezione dei diritti di chi è condannato a morte, in particolare gli standard minimi, stabiliti dall’annesso alla risoluzione del Consiglio Economico e Sociale, 1984/50;
B) Fornire al segretario generale le informazioni relative all’uso della pena capitale e al rispetto delle garanzie che consentono la protezione dei diritti dei condannati a morte;
C)Limitarne progressivamente l’uso e ridurre il numero dei reati per i quali la pena di morte può essere comminata;
D) Stabilire una moratoria delle esecuzioni in vista dall’abolizione della pena di morte».
A conclusione la risoluzione «invita gli Stati che hanno abolito la pena di morte a non reintrodurla; chiede al segretario generale di riferire sull’applicazione di questa risoluzione alla 63ma sessione; decide di continuare la discussione sulla questione durante la 63ma sessione allo stesso punto all’ordine del giorno».
Il cammino per l’abolizione è ancora lungo ma un grosso passo avanti si è compiuto , grazie anche alla tenacia dell’Italia che – come ha detto Prodi – ha“ promosso per prima un’iniziativa progressivamente trasformata in una grande coalizione intesa a favorire i diritti dell’uomo “