Tirisan
Nata in una famiglia poco abbiente (il padre era impiegato in una compagnia di assicurazione, la madre casalinga) la Merini esordì ad appena 15 anni con una raccolta La presenza di Orfeo curata dall’editore Schwarz.
E, mentre già attirava l’attenzione della critica, incontrava difficoltà nel mondo della scuola “normale”.
Venne infatti respinta quando tentò di entrare al liceo Manzoni. Dissero che non era stata sufficiente nella prova d’italiano.
Fin dai primi anni del suo lavoro poetico, conobbe e frequentò maestri come Quasimodo, Montale e Manganelli che la sostennero e promossero la pubblicazione di molte opere.
Poi Comincia un altro periodo difficile costellato di ricoveri [Lei stessa ne ha sempre parlato e scritto definendo la sua sofferenza psichica come “ombre della mente”; riuscendo però , ne tempo, a convivere con queste “ombre” , servendosi, anzi, del dolore per scandagliare più in profondità l’animo umano. ] e ritorni a casa, e sarà madre di altri tre figli, dopo Emanuela avuta col suo primo marito
L’uscita dalla malattia l’ha spiegata ad Antonio Gnoli su Repubblica.
“Per me guarire è stato un modo di liberarmi del passato. Tutto è accaduto in fretta. L’ultima volta che sono stata all’Istituto che mi aveva in cura per depressione mi è accaduta una cosa che non avevo mai provato. Una mattina mi sono svegliata e ho detto: che ci faccio io qui? Così è davvero ricominciata la mia vita. Ho ripreso a scrivere e ho perfino trovato quel successo che non avrei mai pensato di ottenere”.
“Il successo è come l’acqua di Lourdes, un miracolo. La gente applaude, osanna e ti chiedi: ma cosa ho fatto per meritare tutto questo? Penso che la folla, anche piccola, che ti ama ti aiuta a vivere. In fondo un poeta ha anche qualcosa di istrionico e di folle. Per questo il manicomio è stato per me il grande poema di amore e di morte. Ma anche questo luogo oggi è distante. Mi capita a volte di rivederlo in sogno. Io sogno tantissimo. E tra i sogni ne ricorre uno: sono dentro a un luogo chiuso, e io che cerco le chiavi per uscire. Forse sono mentalmente ancora in quel luogo che mi ha ucciso e mi ha fatto rinascere. Mi sento una donna che desidera ancora. Oggi per esempio vorrei che qualcuno mi andasse a comprare le sigarette. Non ho mai smesso di fumare, né di sperare”.
Riportiamo due delle tante sue poesie invitando tutti ad una lettura completa.
La Madre,
quella che come me
mangiò la terra del manicomio credendola pastura divina,
quella che si legò ai piedi del figlio
per essere trascinata con lui sulla croce e ne venne sciolta
perché continuasse a vivere nel suo dolore.
Potevano uccidere anche Maria,
ma Maria venne lasciata libera di vedere
la disfatta di tutto il suo grande pensiero.
Ed ecco che Dio dalla croce guarda la madre,
ed è la prima volta che così crocifisso
non la può stringere al cuore,
perché Maria spesso si rifugiava in quelle braccia possenti,
e lui la baciava sui capelli e la chiamava «giovane»
e la considerava ragazza.
Maria, figlia di Gesù
Maria non invecchiò mai,
rimase col tempo della croce
nei suoi lunghi capelli
che le coprivano il volto.
«lo credo, madre,
che qualsiasi senso del cuore
sia dentro il tuo sguardo.
Come Figlio di Dio sono un bambino felice,
come Gesù sono colui che camminerà con te
sulle acque dell’incredulità.
Io, madre, ho visto il tuo seno pieno d’obbedienza
e bianco come il tuo pensiero.
E io so che l’amore di Dio è impalpabile
come le ali di una farfalla.
Io ho creduto, madre, al tuo volto,
ma ho anche creduto al Padre.
Non potrebbe ingiuriarti nessuno
al di fuori di quella voce
che ti ha percossa come un nubifragio:
l’addio del messaggero celeste.»
«Quante lacrime, madre, su quella tua
visitazione.
È stato un lavacro per tutti i peccati degli uomini,
e solo Giuseppe ha creduto che il tuo mantello
contenesse tanto dolore.
Non ti ha mai levato di dosso quel mantello di luce,
Maria,
con cui Dio ti ha coperta
per non far vedere
che le tue spalle tremavano d’amore.
Ma io, Maria, credo in te,
e credendo in te
credo in Lui.»
Ai Giovani
Bella ridente e giovane
con il tuo ventre scoperto,
e una medaglia d’oro
sull’ombelico,
mi dici che fai l’amore ogni giorno
e sei felice e io penso che il tuo ventre
è vergine mentre il mio
è un groviglio di vipere
che voi chiamate poesia
ed è soltanto tutto l’amore
che non ho avuto
vedendoti io ho maledetto
la sorte di essere un poeta.
A Bersani l’augurio di non sottostare ai tanti strateghi di partito che si faranno avanti per condizionargli il cammino; l’invito, invece,ad essere voce della “ povera gente “.
Riportiamo, tratta dall’Unità di oggi,[ in alto ] la mappa delle nuove segreterie regionali e [ in basso ] i risultati della nostra città di Castelbuono
Risultati a Castelbuono |
Frutto di un lavoro collegiale che ha coinvolto vescovi, teologi, pastoralisti, catecheti ed esperti nella comunicazione, la Lettera si rivolge ai “cercatori di Dio”, a tutti coloro, cioè, che sono alla ricerca del volto del Dio vivente. Lo sono i credenti, che crescono nella conoscenza della fede proprio a partire da domande sempre nuove, e quanti – pur non credendo – avvertono la profondità degli interrogativi su Dio e sulle cose ultime. La Lettera vorrebbe suscitare attenzione e interesse anche in chi non si sente in ricerca, nel pieno rispetto della coscienza di ciascuno, con amicizia e simpatia verso tutti.
Il testo parte da alcune domande che ci sembrano diffuse nel vissuto di molti, per poi proporre l’annuncio cristiano e rispondere alla richiesta: dove e come incontrare il Dio di Gesù Cristo? Ovviamente, la Lettera non intende dire tutto: essa vuole piuttosto suggerire, evocare, attrarre a un successivo approfondimento, per il quale si rimanda a strumenti più adatti e completi, fra cui spiccano il Catechismo della Chiesa Cattolica e i Catechismi della Conferenza Episcopale Italiana.
La Commissione Episcopale si augura che la Lettera possa raggiungere tanti e suscitare reazioni, risposte, nuove domande, che aiutino ciascuno a interrogarsi sul Dio di Gesù Cristo e a lasciarsi interrogare da Lui. Affida perciò al Signore queste pagine e chi le leggerà, perché sia Lui a farne strumento della Sua grazia.
Bruno Forte ( Arcivescovo di Chieti Vasto Presidente della Commissione Episcopale per la dottrina della fede, l’annuncio e la catechesi )
Secondo Nessuno tocchi Caino, sono state eseguite almeno 5.628 condanne a morte.
In testa a questa ben poco onorevole graduatoria vi è la Cina, con 5.000 esecuzioni «ufficiali», l’89% del totale nel mondo, dato che le condanne a morte non sono catalogate alla voce diritti dell’individuo ma come «segreto di Stato».
Subito dopo la Cina, c’è l’Iran, con 215 esecuzioni, il Pakistan, con 82; l’Iraq, almeno 65; il Sudan, almeno 65; gli Stati Uniti, 53; l’Arabia Saudita, 39; lo Yemen, 30; il Vietnam, con almeno 14; il Kuwait, con almeno 11; la Somalia, con almeno 7, Singapore, con almeno 5; l’ Egitto, la Giordania, il Bangladesh, il Giappone e la Malaysia, con almeno 4 esecuzioni, la Corea del Nord, il Bahrein, la Bielorussia, l’Indonesia, la Mongolia,con 3; la Siria e l’ Uganda, con 2; il Botswana, con 1; gli Emirati Arabi Uniti e la Guinea Equatoriale, con 1.
La tragedia più grave che ci possa capitare è il disinteresse.
Un uomo che muore per mano dello stato, anche se fosse il peggiore degli uomini, è un attentato all’Amore che è vita che ha sconfitto per sempre la morte.
Salmodia contro la pena di morte
( David Maria Turoldo )
Fede e ragione ci salvino
da questo imperioso
furore di morte;
ragione da sola non vale
a liberarti da paure che incombono,
dal rischio di lasciarsi sedurre
da ferocie ancora piú grandi:
mentre i condannati sperano
che i plotoni non sparino e i torturati
in grumi neri
inutilmente urlano!…
E fede esige che l’ossequio
sia sempre razionale
onde salvarci dal male
giallo del fanatismo:
fede, dolce amica e compagna
lungo il sempre piú aspro
cammino della libertà.
Ogni morte inflitta e violenta
è offesa all’amore che ha in sé la Vita
negazione di senso del Valore.
Qualcuno non vuole ragionare:
vendetta umilia giustizia
già per se stesso il crimine è pena!
Sia dunque la pena
che per diritto si aggiunge, una cura
che salvi insieme assassino e città.
Mai Leggi e Politiche hanno
sconfitto il crimine e la morte
con le loro morti
organizzate e violente:
Morte e Torture e Violenza
nere divinità del disumano!
È stata la Vita crocefissa
– se credete, uomini, –
la sola a rompere il cerchio
che ci assedia,
a uccidere la stessa morte.
D’allora piú non vi salva
nemmeno il “non uccidere”,
d’allora nessuno ha il diritto di uccidere
per nessuna ragione
Nessun presidente o re,
nessun papa o capo d’esercito:
e tutti i soldati non sparino piú!
Per nessuna idea io posso uccidere,
per nessuna fede, per nessuna politica.
Io posso essere ucciso
ma non posso uccidermi.
E nessuno piú giudichi nessuno:
la coscienza è un abisso
alla stessa coscienza.
Nessuno uccida la speranza
neppure del piú feroce assassino
perché ogni uomo
è una infinita possibilità.
Abbiamo perfino inventato
il plotone d’esecuzione
per lasciarti l’illusione che non sia
stato il tuo fucile a uccidere:
tutte liturgie di una morte
che ormai ci domina e assedia,
morte che devasta perfino
la faccia dei fanciulli:
pena di morte, ultimo atto
di un culto alla morte
della stessa ragione e di ogni fede.