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Vangelo del giorno
Sabato 23 Novembre 2024

In quel tempo, si avvicinarono a Gesù alcuni sadducèi – i quali dicono che non c’è risurrezione – e gli posero questa domanda: «Maestro, Mosè ci ha prescritto: “Se muore il fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello”. C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. Allora la prese il secondo e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare figli. Da ultimo morì anche la donna. La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie».
Gesù rispose loro: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: “Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe”. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui».
Dissero allora alcuni scribi: «Maestro, hai parlato bene». E non osavano più rivolgergli alcuna domanda.

(Lc. 20,27-40) 

Bibbia – CEI 2008
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Per citazione
(es. Mt 28,1-20):
Per parola:

Tirisan

 
[Fonte ER – IL portale dell’Emilia Romagna]
 

E’ stato presentato in Regione il primo film mai realizzato su Giuseppe Dossetti (1913 – 1996), sacerdote e protagonista importante della storia italiana del ’900 .

Il documentario del titolo “Quanto resta della notte?” richiama una citazione del profeta Isaia che Dossetti utilizzò in un celebre discorso del 1994 per introdurre una riflessione religiosa e politica sull’Italia di quel periodo.

“Il documentario è stato prodotto dalla Lab Film ed è diretto da Lorenzo K. Stanzani. E’ stato presentato in anteprima nazionale a Bologna, in Piazza Maggiore, venerdì 27 luglio 2012 alle 21.30, nell’ambito dell’iniziativa “Sotto le stelle del cinema” a cura della Cineteca di Bologna.

Quanto resta della notte?” sarà trasmesso il prossimo autunno nella trasmissione Rai “La storia siamo noi”. ( Click sull’icona accanto per aprire il trailer del film ) www.ilconfronto.com
[ fonte l’Unità 29 Luglio 2012 ]
Dossetti è una grande figura di italiano, ma il suo radicamento in Bologna, città e chiesa locale, ha prodotto una attenzione che è all’origine anche di libri e realtà come il film di Stanzani, prodotti ora anche da giovani che di fatto non hanno conosciuto Dossetti di persona, ma ne hanno incontrato il ricordo e lavorano per metterne a fuoco opera e figura, un po’ reagendo alle ambigue censure che, in settori della cultura politica e dell’opinione ecclesiale, preferiscono marginalizzarlo, avvertendo che attenzione e fedeltà a questo italiano, l’unico che è stato importante in due «eventi» come l’Assemblea costituente (1946-47) e il Concilio Vaticano II (1959-1965), e dopo anni vissuti in Terra Santa su una frontiera di confronti cruciali, ha giocato di nuovo un ruolo nazionale e pubblico nel fronteggiamento democratico ed etico che ha resistito nella stagione confusa, politica e culturale, del berlusconismo ora finalmene in definitivo declino.

Che si siano prodotti un film, serio e sobrio, come «Quanto resta della Notte?», e un libro breve ma preciso come quello scritto su Dossetti dal giovane sacerdote bolognese don Fabrizio Mandreoli, ora pubblicato dal Margine, piccolo ma coraggioso editore legato in qualche modo alla esperienza della «Rosa bianca» (largamente intervistato da Stanzani nel suo film), permettono di guardare alla vicenda di Dossetti come ad una pagina storica che chiede di servire nella nostra attualità non facile e sicuramente non così banale e volgare come può anche sembrarci, ma solo se guardiamo troppo in piccolo e in superficie.

La «globalizzazione», che Dossetti ha percepito in anticipo, obbliga ormai tutti a riconoscere la piena unità del genere umano (e la forte influenza che ognuno esercita su ognuno); questo dato, terribilmente responsabilizzante, non opera solo nello spazio, ma coinvolge e lega i tempi storici, per cui poi tanti fattori interagiscono (sociali, giuridici, economici, tecnici, militari, non meno che i culturali), e con grande coerenza in Dossetti, si esprime un primato pratico della coscienza e della interiorità per intera la specie umana, schiacciata dai suoi ritardi più devastanti degli avanzamenti pur acquisiti…

La costellazione dei valori che Dossetti ha saputo vedere necessari nelle tragedie delle guerre mondiali e nelle «unità» che esse hanno fatto intravvedere, per cui le maggiori e più penetranti istituzioni (Stati e Chiese), e il miglior metodo politico da consolidare, cioè democrazia e parità tendenziale di risorse e di formazioni personali, non possiamo trascurarle, senza pericoli gravi, ma certo anche con colpe gravi un po’ di tutti e alla lunga pagate da tutti: ma con quali enormi sperequazioni, seminatrici di odi e di impotenze.

L’attualità della proposta dossettiana si affaccia nella energia morale e nella testimonianza di vita di questo italiano singolare, che è giusto e opportuno non dimenticare.

Metterebbe conto di conoscerlo di più, interrogandosi con serietà sui fattori reali della sua formazione; non necessariamente per cercare di imitarla, ma per non trascurare o lasciar perdere troppo l’occasione di un confronto stimolante e certo significativo, lungo l’intero secolo che fu grande e terribile e che Dossetti ebbe il merito e la serietà di considerare come tale.

 

Da Alcune settimane non sono presenti le omelie Padre Alberto Maggi frate dell’ordine dei Servi di Maria, fondatore del Centro Studi Biblici di Montefano, conosciuto in tutto il mondo.

Come Lui racconta:

«È il 9 aprile  lunedì dell’angelo, sono solo in casa, Ricardo (Perez, suo collaboratore ndr) è già a Bologna in procinto di imbarcarsi per la Spagna. Alle 10,30 sento come una pugnalata al petto e mi manca il respiro, penso che sia un infarto e chiamo il 118.

Arriva l’ambulanza, e riparte, ma dopo alcuni minuti si ferma perché verra un’altra ambulanza, più attrezzata a prelevarmi. Il trasbordo avviene sotto il cimitero di Montefiore. Chiedo ai barellieri: già arrivati? caspita che fretta!
L’ambulanza riparte, il medico mi fa l’elettrocardiogramma, mi mette la maschera per ossigeno, poi, gentile mi avverte che la sirena non è per le mie condizioni, ma per il traffico.Uhm,sarà vero, ma forse è una pietosa bugia e siccome il dolore cresce e si fa insopportabile penso che sto per morire. Non sono mai morto prima e questa è la prima esperienza della morte. Mi meraviglio di non provare paura ansia o altro, nulla. Penso che il mio morire sarà l’ultimo regalo che potrò fare della mia vita, perché si conosce la morte solo dal morire degli altri. Così atteggio il mio volto a un grande soddisfatto sorriso. Desidero che vedano quanto sono stato contento di morire!
Mi portano a Civitanova , subito ecografie, elettrocardiogrammi. Intanto avverto Ricardo. Lo prendo proprio al volo perché si sta gia imbarcando. Decide di tornare e una nostra amica che aveva accompagnato la figlia a ll’aeroporto si offre di accompagnarlo in macchina… Il Signore comincia a agire e prendersi cura di ogni aspetto. Intanto i medici propendono per una gastrite e trascorro la notte in un lettino del pronto soccorso. Nel momento del bisogno il Signore manda sempre una angelo: arriva il filosofo Roberto Mancini, che mi sta accanto per tutta la notte. Al mattino finalmente decidono per la tac: disseccazione dell’aorta. Di corsa all’ospedale di Ancona dove ora mi trovo.
I primi giorni sono pieno di dolori e senza forze, ma con una serenità crescente. Questa esperienza mi conferma che: quando si vive per gli altri, al momento del bisogno si riceve cento volte di più. Che il Signore tutto trasforma in bene e che si prende cura di ogni particolare. Di nuovo c’è stata l’esperienza del morire. Senza alcuna paura!».

 

Padre Alberto ha aggiornato costantemente tutti i suoi amici di Facebook con il racconto di ogni momento della sua convalescenza.  

 

 21 Giugno:

“Ieri è stata una giornata così intensa di emozioni che alle 20,30 già dormivo esausto.

Mi sveglio verso le 22,30 e suono per il solito rituale del pappagallo… Non viene un infermiere, ma tutti quelli del turno di notte! Sono felici per il buon esito della Tac e desiderosi di festeggiare. Così ognuno con un pocket espresso che Marco e Lucilla forniscono in quantità industriale, festeggiano la giornata e si fanno raccontare tutto.

La giornata era iniziata con una sorpresa: alle otto si apre la porta,pensavo fosse per la prima colazione… Invece mi portano a fare la Tac! Resto sorpreso… Mi avevano detto che avrei dovuto farla tra un paio di giorni… Arrivo, mi preparano, e colgo una novità.

L’ambiente della Tac è sempre molto freddo e,ogni volta seminudo vengo colto da brividi di freddo. Di norma mi coprono con un telo, che poco o nulla ripara. Invece questa volta l’infermiera, volto dolce, tira fuori una … coperta! Alla Tac c’era la coperta! C’era sempre  stata, ma ci voleva il cuore della persona per utilizzarla!

Comprendo che la sanità più che dalle strutture è fatta dalle persone! Entro nel macchinario e mi rivolgo così al Signore: spero che vada tutto bene, ma se ci fossero ancora problemi sono fiducioso perché tu tutto fai concorrere al bene di chi ami.

Mi riportano in reparto… Clima di festa, medici infermieri, tutti, con le lacrime agli occhi… È andata! Mi festeggiano e io piango di felicità. E ancor prima di essere felice per me lo sono per tutta l’equipe medica… Non meritava un’altra delusione!

Ma c’è poco tempo,per festeggiare…

Ora c’è da operare….

Entra il medico, è il primo che vidi quando venni ricoverato, è un uomo di grande competenza e ricco,di umanità e sensibilità .

Mi fa coricare supino e mi dice che mi deve togliere i fili… epicardici (?). Prende un filo che emerge da una delle tante cicatrici che ho sul,petto e mi fa: adesso fai un bel,respiro… Respiro e lui comincia a estrarre dal petto un filo che mi sembra interminabile (guardo con un occhio solo perché mi fa impressione).

 Tira tira… Circa 20 cm…. ! Dove stava, chiedo. Risponde come se fosse la cosa più normale del mondo: appoggiato sul cuore!

Non faccio in tempo a riavermi che mi fa sedere sul letto con le gambe fuori e dice che mi deve… siringare… Per togliere il veramente pleurico.

Di lui ho una stima e una fiducia così grande che eseguo e collaboro.. Con una siringa nella schiena inizia a estrarre il liquido… Sono incredulo, più di un litro! Ora, mi dice, coricati sul lato dove ho estratto il liquido per venti minuti… Lo faccio volentieri perché sono esausto…

 Dopo,qualche minuto arriva Francesca, la fisioterapista, deve farmi alzare dal letto… Allora contratta con il medico, i minuti coricati diventano dieci, e subito in piedi, in giro per il reparto…

Torniamo per l’ora di pranzo, sono digiuno dal mattino e sono affamato…

Non c’è spazio per elaborare le emozioni, ma la,gioia è incontenibile.

E nel pomeriggio viene a trovarmi Tommaso, il giovane e straordinario chirurgo che ha eseguito i primi interventi, e per più di un’ora resta a parlare, spiegare… Ha gli occhi felici ! Aveva intuito tutto e aveva indovinato tutto… E dopo cena crollo esausto , felice… E grazie a tutti voi… Stiamo vivendo .”

 

26 Giugno:

“Si conclude ormai una giornata intensa e ricca di emozioni

. È confermato che domani nel primo pomeriggio mi dimettono.

Così da questa mattina hanno cominciato a venirmi a salutare medici e infermieri dell’Utic, dove dal 10 aprile sono stato ricoverato.

 Sembra di rivedere vecchi amici o parenti, saluti carichi di affetto, occhi lucidi, e ognuno ci tiene a dirmi qualcosa della degenza e in particolare dell’ultimo delicato intervento.

Nell’ordine, secondo i punti di vista mi hanno definito un miracolato, un sopravvissuto, un caso eccezionale, un caso disperato, e comunque tutti sorpresi di come stia bene e della mia rapida ripresa.

 Ho detto loro,che era grazie alla loro alta professionalità e che mi ero sempre fidato di loro.

 No, mi replica un giovane medico, con gli occhi lucidi: se tu ora sei vivo e sano lo devi alla grande forza interiore che avevi prima dell’intervento ma che poi giorno dopo giorno abbiamo visto come lievitare…

Ti guardavamo sorpresi, increduli, poi ci siamo lasciati coinvolgere anche noi e ora dopo la tua permanenza con noi è come se in ognuno di noi fosse emerso qualcosa che prima era nascosto…

Tu puoi considerarti un sopravvissuto, ma credimi, ognuno di noi, dopo la tua permanenza si trova diverso, più ricco… Poi la commozione prende il sopravvento e ci abbracciamo commossi, e le,lacrime si fondono ….” “

 

Dal nostro blog gli auguri più sinceri

 

òUIGDCIUGCIL

Nella pièce teatrale scritta nel 1956 da John Osborne la rabbia viene definita come  un sentimento di frustrazione e di esclusione, di inutilità e di angoscia,  un rancore che apre a un realismo crudele. ….

La rabbia è improduttiva , è sentimento che consuma l’anima per esplodere in furibonda violenza.

L’arrabbiato è pieno di cattiveria, di quella cattiveria che si presenta con grande fragore per poi implodere e portare all’autodistruzione.

Quanto è triste vedere i vinti arrabbiati, ribellarsi alla “ immeritata sconfitta” con l’adozione di percorsi vendicativi, fuori controllo, tendenti a denigrare, epurare, separare, processare in nome di  una idea distorta del “ bene comune”,  di “ codici etici”, di” decenza politica”, etc ….

E’ necessario recuperare la cultura dell’accoglienza, soprattutto per chi si allontana   …. E la meraviglia è grande quando chi, apertamente, ha fatto più volte riferimento alla figura di Don Paolo Raimondi [ la sua comunità è stata sempre comunità aperta e accogliente ] non pratica questo percorso ma conduce se stesso e altri all’adozione di sentimenti contrari alla “ comprensione”, al “ dimenticare”, al “ non ricordate più le cose passate

  Se veramente si vuole interpretare la politica come servizio  è necessario che chi si auto-referenzia  tale virtù ricordi che il servo è mite, docile, mansueto così come è detto nel brano di Vangelo di Luca al cap. 17:

Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà quando rientra dal campo: Vieni subito e mettiti a tavola?  Non gli dirà piuttosto: Preparami da mangiare, rimboccati la veste e servimi, finché io abbia mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai anche tu?  Si riterrà obbligato verso il suo servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti?  Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare».”

 

Il servo non giudica, non separa, non allontana … si dimentica per l’altro … serve fino alla fine !!!

 

 

Gesto di un folle, matrice terrostica, matrice mafiosa … tante le costruzioni che i vari esperti si esercitano a fare.

Il dato di fatto: episodio “stragista “ unico, mostruoso,impensabile se non da parte di qualcuno che altro non è che “ una bestia diabolica”.

E’ terribilmente difficile pensare alla parola “ misericordia “  …. verso chi ha pensato la strage

 verso chi ha fatto partire il “ timer “ o qualunque altro micidiale congegno di innesco. 

Gesù , solitudine d’amore,  immolato su un pezzo di legno, oggi che celebriano il mistero della tua ascensione, … ritorna ! … ritorna !  nella casa dei poveri genitori di Melissa e prova ad asciugare le loro lacrime … prova a parlare di vita la dove tutto parla solo di morte… la dove è assurdo parlare di risurrezione … la dove altro non esiste che rabbia, disperazione, incredulità.

 

   Torna tra le “bestie” o la “bestia” che ha concepito tale atrocità … conducili alla redenzione, … alla presa di coscienza del “disastro” che ha o che hanno combinato …. Parla al loro cuore  … Solo Tu puoi avere la forza e l’amore per un invito alla conversione, … noi, poveri uomini, restiamo con le pietre in mano, … non ce la facciamo a perdonare … 

 

Converti anche noi !!!!

 

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