Tirisan
In questo post una riflessione di Gilberto Borghi [ pubblicata su www.vinonuovo.it ] nella quale si sottolinea come il movimento etico essenziale del cristiano è quello dell’abbandono di sé nelle mani del Padre
Ora che l’accordo tra stato e chiesa sembra essere fatto, per ricominciare a celebrare la messa col popolo, diventa interessante riflettere a bocce più ferme su come il digiuno eucaristico è stato inteso. In queste settimane ho letto tante riflessioni. Continua a leggere
Con l’uscita di scena del Card Bagnasco per raggiunti liniti di età , la diocesi di Genova volta pagina; si chiude la stagione aperta e segnata dal Card. Siri più volte – da narrazioni “ di corridoio” – candidato , in tre conclavi, al soglio pontificio; sicuramente non ” progressista” e, in particolare, acceso contestatore dell’enciclica più famosa di Paolo VI, la “Populorum Progressio”.
A Genova arriva un padovano, padre Marco Tasca, nato a Sant’Angelo di Piove di Sacco in provincia di Padova il 9 giugno 1957. Sacerdote dal 19 marzo 1983, ha svolto diversi incarichi all’interno della famiglia religiosa dei frati conventuali, divenendo dal 2005, con riconferme, Ministro Provinciale. Continua a leggere
Condividendo l’inutilità del carcere, in questo post l’intervista, a cura di Nicola Mirenzi, all’ex magistrato Gherardo Colombo pubblicata su Huffingtonpost.it: “La prigione oggi è disumana e incoerente con la Costituzione; ed educa a ubbidire e non a ragionare.”
A un certo punto, è diventata insopportabile: “L’idea di mandare in galera una persona mi tormentava, mettendomi davanti a interrogativi insolubili e angosciosi. Ho cominciato a pensare che il carcere non fosse più compatibile con il mio senso della giustizia, la mia concezione della dignità umana, la mia interpretazione della Costituzione. Continua a leggere
Che cosa è successo? Dove siamo precipitati? Sono domande poste da credenti e non credenti, smarriti e a volte angosciati. Siamo stati colpiti dalla pandemia, ma c’è stata anche un’epidemia della paura.
Le stesse chiese si sono trovate inizialmente esitanti e poi si sono espresse con una voce tenue, consolatoria, sì, ma priva di una capacità di “guidare”, di discernere i segni dei tempi; senza una parola autorevole e performativa nei confronti dei fedeli e della gente. “Non mi è sembrato di aver udito nella chiesa italiana il pronunciamento di una parola autorevole, partecipe, consolatrice, ma anche profonda, illuminante, orientatrice”, ha scritto don Giuliano Zanchi in “I giorni del nemico”. Continua a leggere